Handmade
a cura di Porter Ducrist
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Insitu apre la nuova stagione espositiva con la quarta mostra in programma del ciclo Assurdità Contemporanee. Handmade di Roberta Folliero è l’esposizione di una realtà soggiacente al chiasso, alla frenesia, alla ricerca spasmodica del nuovo, alla veloce caduta nell’oblio di qualcosa che sembrava necessario.
Elementi del vissuto emergono come residui di una storia, che potrebbe essere quella di ognuno di noi, vulnerabili come siamo alla caducità del nostro Io. L’atto stesso di mostrare tutto questo si costituisce come una delicata presa di coscienza, un’auspicata possibilità di soluzioni per l’esistenza in un mondo freddamente consumistico che sembra aver corrotto quella sensibilità interiore ritenuta prima inalienabile e senza tempo. La scelta di utilizzare i media tipici dell’arte odierna è di per sé lo svelamento di come un altro lato della medaglia possa esistere nonostante le ovvietà e le apparenze. Prodotti industriali come teli di plastica, supporti in ferro e rifilature in legno, dunque materiali dal rapido acquisto e dal facile consumo, sono utili solitamente a soddisfare soltanto il bisogno temporaneo di un arredamento non destinato a durare nel tempo, non adatto a caricarsi di un valore affettivo, perché così facilmente e spensieratamente sostituibili, deperibili e dimenticabili. Qui, invece, essi assumono una valenza del tutto diversa, grazie al segno-impronta tracciato da un’interiorità celata. Oggi, nell’ epoca del prêt-à-porter in cui è possibile acquistare qualsiasi desiderio-prodotto con tempi di attesa praticamente nulli, un lavoro così totalizzante, perdurante nel tempo e portatore intrinseco di possibili imprevisti è un modo per proteggere qualcosa (un ricordo, un’esperienza passata, un’innocenza perduta) che è destinato a deperire. Se stessi, le proprie memorie di tessuti emotivi sono abilmente intrecciate nel candido filo da ricamo, permeato ormai dalla fatica delle mani che cuciono. Di fronte a un’opera di Roberta Folliero siamo davanti a un riscatto dell’essere (e dell’esserci): siamo di fronte a lei, in tutta la sua umanità. Così, un frammento di quotidianità urbana deturpata diventa il filtro di una realtà personale, di un sentimento potenzialmente collettivo e tutto contemporaneo. Un telo incompiuto, dalla trama non realizzata ma solo tracciata col disegno, si staglia nello spazio come ad essere un appiglio per il futuro, una chance per riscoprire un’intelligenza manuale che non conosciamo più; un lenzuolo adagiato a una struttura abbastanza grande da accogliere dei compagni di viaggio diventa un invito a guardare insieme attraverso la sua trasparenza: un velo che confonde, pur disvelando, un mondo intimo che si lascia inconsapevolmente osservare. Potreste essere al cospetto dei vostri ricordi, pazientemente ricoperti da uno strato di protezione. Potreste trovarvi qualcosa di ognuno di voi, a patto di riuscire a entrare in punta di piedi nelle trame di sensibilità per troppo tempo accantonate nel (o abbandonate al) caos. |